Vai al contenuto

Compromesso e rogito: il rapporto tra contratto preliminare e contratto definitivo nella giurisprudenza. Riflessioni dell’avvocato immobiliarista

Agenzia-immobiliare-e-collaboratore-non-iscritto

In passato, qui, ci siamo occupati di compromesso e rogito: che rapporto c’è tra contratto preliminare e contratto definitivo?

Molti clienti chiedono all’avvocato immobiliarista di chiarire che cosa possono fare tra la data del compromesso e quella del rogito, se possono ad esempio sanare i vizi dell’immobile, se possono rinegoziare qualche clausola o condizione del contratto, se hanno insomma delle possibilità prima di andare a firmare dal notaio.

L’avvocato immobiliarista è il punto di riferimento per capire i rapporti, spesso complessi, tra preliminare e definitivo, tra compromesso e rogito notarile.

Cominciamo con l’esempio pratico: nel caso in cui oggetto del contratto preliminare sia il terrazzo attrezzato con gazebo, tavolo e sedie, la circostanza che il bene da trasferire con il contratto definitivo consista in un lastrico solare privo di gazebo, che non avrebbe consentito di utilizzare il terrazzo come un’estensione dell’appartamento, costituisce il fondamento dell’inadempimento contrattuale. Questo caso affrontato dalla Corte di Cassazione dimostra che nel passaggio tra compromesso e rogito c’è un obbligo di adempimento e non tutte le differenze tra bene promesso e bene consegnato alla fine sono tollerabili dall’acquirente.

Ciò significa che se il cliente acquirente chiede all’avvocato risposte circa il fatto che l’immobile non è realmente come promesso e teme che al momento del rogito le cose non verranno messe a posto, l’avvocato prospetterà al cliente varie opzioni, in quanto non si verificherà come unica soluzione quella di mandare tutto all’aria o invocare l’inadempimento, ma si apriranno varie strade.

Di per sè il preliminare non è un passaggio privo di effetti, visto che obbliga alla conclusione del rogito entro un termine: ad es. il mediatore vede sorgere il diritto alla provvigione già col preliminare, in quanto la stipula di un contratto preliminare è idonea a far maturare il diritto alla provvigione in capo al mediatore. Anche nel caso di successione tra contratto preliminare e definitivo, si deve rintracciare nel contratto preliminare la fonte del diritto del mediatore alla provvigione: il vincolo giuridico tra le parti, che rappresenta il fatto generatore del diritto del mediatore, sorge infatti con il contratto preliminare, restando irrilevante, invece, ai fini del diritto alla provvigione, la successiva stipula del contratto definitivo.

Altro esempio di rilevanza del preliminare (compromesso) in sè stesso è il fatto che nel caso di azione revocatoria proposta avverso un contratto definitivo stipulato in esecuzione di un preliminare, il requisito soggettivo richiesto dall’ art. 2901 c.c. va valutato con riguardo al momento in cui è stato stipulato il preliminare, perchè è quello il momento in cui si vuole violare la posizione del creditore e non certo quello del rogito, momento nel quale si realizza semplicemente un atto dovuto, con causa nel preliminare. In materia di revocatoria fallimentare, è stata invece sostenuta la tesi opposta: la sussistenza del presupposto soggettivo dell’azione revocatoria fallimentare di un contratto compravendita, stipulato in esecuzione di un contratto preliminare, deve essere accertata con riferimento al momento di conclusione del contratto definitivo.

Tuttavia, successivamente qualora le parti, dopo avere stipulato un contratto preliminare, abbiano stipulato il contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva.

Qui avviene, quindi, un passaggio concettuale importante. Se il cliente, infatti, arriva a firmare dal notaio il contratto definitivo, dando efficacia al trasferimento di proprietà, è poi quest’ultimo atto ad essere e diventare il punto di riferimento delle regole e non più il compromesso, che viene riassorbito. E’ per questo che il compromesso si può interpretare, per capire la volontà delle parti, avvalendosi di elementi esterni ad esso solo se il definitivo è stato firmato. In tal caso, il compromesso diventa un atto precedente cui è stata data esecuzione e quindi si può indagare che cosa le parti volessero avvalendosi anche di fatti successivi ad esso. Ma se il definitivo non viene sottoscritto e quindi non si arriva dal notaio, il preliminare non potrà essere che la rappresentazione di se stesso, ad esso non si potrà dare alcun significato ulteriore che non risulti realmente dal testo.

Il preliminare può essere accompagnato ad effetti simili al contratto definitivo: firmando il compromesso, infatti, in alcuni casi si possono chiedere già le chiavi. Tuttavia,  in tema di promessa di vendita, la pattuizione della consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non determina un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Non esiste, quindi, un trasferimento di possesso, con le chiavi, se c’è solo il compromesso, ma una detenzione. Si riconosce che il proprietario continua ad essere il venditore, in attesa dell’atto definitivo dal notaio.

Può succedere, poi, che nel passaggio dal compromesso a rogito cambino tante cose, in tal caso qualora i contraenti, nella propria autonomia negoziale e nell’ambito delle facoltà alle stesse facenti capo, decidano di prevedere nel definitivo una disciplina non conforme a quella del preliminare, quest’ultimo resta superato, a meno che tali contraenti non ne abbiano espressamente previsto la relativa sopravvivenza, in tutto o in parte, o che la parte interessata fornisca elementi probatori idonei a vincere la presunzione di conformità dell’assetto negoziale risultante dal definitivo alla volontà delle parti.

Per quanto riguarda vizi e difformità, il cliente chiede all’avvocato immobiliarista che cosa può fare se scopre vizi e qualità mancanti. In tal caso, l’avvocato suggerisce di valutare di che vizi si tratta e propone varie azioni, ricordando al cliente che una volta concluso il contratto definitivo di compravendita immobiliare non è più possibile far valere eventuali condizioni difformi previste nel contratto preliminare.

Poi ci sono gli aspetti fiscali tra compromesso e rogito, ricordando che nelle compravendite immobiliari l’acquisto è soggetto ad i.v.a. se il venditore è una impresa costruttrice che svolge attività edilizia di professione. Anche in questo caso, la somma data a titolo di caparra bisognerà valutare insieme all’avvocato se è sottoposta ad i.v.a. oppure no, a seconda soprattutto se si firma il rogito.

In tema di imposta di registro, l’ art. 43 , comma 1, lett. a), D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 , prevede che, nel caso di contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, il valore del bene deve essere calcolato alla data dell’atto traslativo, sicché nel caso di contratto preliminare di compravendita il valore del bene deve essere calcolato con riferimento al valore venale in comune commercio dell’immobile al momento della stipula del contratto definitivo.

Un’altra tematica spesso sottoposta all’avvocato immobiliarista è chiedersi che cosa succede quando l’agenzia immobiliare mette in vendita un immobile che non appartiene totalmente al venditore – ad es. il caso in cui due coeredi mettono in vendita un immobile non consultando il fratello o coerede. In tal caso, in tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel caso di buona fede dell’altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l’acquisto del promissario direttamente dall’effettivo proprietario. … Pertanto, il promissario acquirente, il quale ignori che il bene, all’atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore, fino a tale momento, può adempiere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela.

Insomma, la tematica del compromesso e rogito è sempre all’ordine del giorno: solo l’avvocato immobiliarista potrà chiarire i dubbi del cliente su compromesso e rogito.

Articolo redatto ad Alpignano da Studio Duchemino – staff IMMOBILI – il 28 settembre 2021

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Call Now Button