Oggi ci occupiamo di recesso del consumatore nell’ambito della compravendita immobiliare.
Va premesso che l’avvocato immobiliarista si occupa spesso di trattative immobiliari aventi ad oggetto l’acquisto o la vendita di un immobile tramite agenzia.
Il rapporto contrattuale con l’agenzia immobiliare è regolato dal contratto di mediazione previsto dal codice civile, il quale stabilisce che la provvigione sia dovuta per l’opera prestata dal mediatore, che consiste solitamente in una serie di trattative per mettere in relazione due soggetti.
Si sa notoriamente che il mediatore ha diritto alla provvigione nel momento stesso in cui le parti addivenga ad un contratto preliminare, cioè al minimo vincolo giuridico possibile che sia azionabile in giudizio.
Non v’è il minimo dubbio che il contratto di mediazione, quindi anche l’incarico firmato dal consumatore venditore o acquirente nei confronti dell’agenzia al fine di vendere o acquistare un immobile, rientri nelle fattispecie del codice del consumo che prevedono una tutela specifica a favore del consumatore.
In questo caso infatti, al di là della circostanza che si tratta di contratti predisposti su formulario o moduli, è evidente il ruolo che assume il privato nei confronti di un professionista come il mediatore e quindi la sua veste di consumatore é pacifica nel fatto stesso di riferirsi ad una agenzia immobiliare e contemporaneamente di non svolgere attività commerciale professionale.
L’applicazione del codice del consumo implica, come spiega di solito l’avvocato immobiliarista al cliente, un’attenta analisi delle clausole predisposte dal mediatore, ivi compresa la clausola di recesso che sia eventualmente prevista all’interno del regolamento contrattuale e che attribuisca eventualmente una multa penitenziale ovvero una somma da pagare nell’ipotesi di esercizio del diritto di recesso.
Incidentalmente va distinta la caparra penitenziale della multa penitenziale perché la caparra penitenziale é una somma versata prima del diritto di recesso e contemplata proprio alla luce di un eventuale recesso, mentre la multa penitenziale é una somma che viene versata all’atto stesso del recesso, sempre come suo corrispettivo. Entrambe le fattispecie si differenziano rispetto alla clausola penale prevista dal codice civile, la quale ha come funzione quella di risarcire il danno e anche quella di predeterminare il danno causato ad una delle parti.
Il recesso è previsto anzitutto nel codice del consumo ed è una fattispecie di recesso legalmente prevista per l’ipotesi di contratti conclusi al di fuori dei negozi e al di fuori dei locali commerciali. In tal caso il consumatore ha un periodo di tempo di 10 giorni – a norma dell’art. 64 cdc, per recedere dal contratto e senza dover addurre alcun motivo.
Tuttavia, è importante valutare sempre anche la vessatorietà eventuale di una clausola inserita in un contratto di mediazione da parte dell’agenzia immobiliare in quanto in alcuni casi tali clausole comportano un significativo squilibrio giuridico ai danni del privato avvantaggiando ingiustificatamente l’agenzia immobiliare e senza prevedere a carico dell’agenzia immobiliare un trattamento altrettanto sfavorevole.
La Corte di cassazione con sentenza 17 marzo 2010 numero 6481 ha stabilito infatti che
è abusiva la clausola (nella specie, di un contratto avente ad oggetto un corso professionale) con la quale il consumatore rinuncia alla facoltà di recesso e si assume l’obbligo di corrispondere comunque l’intero importo pattuito, poiché, sanzionando indiscriminatamente il recesso – indipendentemente da un giustificato motivo – riserva al professionista un trattamento differenziato e migliore, in contrasto con i principi contenuti ai nn. 5 e 7 del terzo comma dell’art. 1469 bis c.c., soprattutto ove l’obbligo previsto per il consumatore in caso di recesso non trovi riscontro in un’analoga sanzione a carico del professionista.
In sostanza ha stabilito che si deve ritenere abusiva e vessatoria la clausola con cui l’agente immobiliare impone al privato che vuole vendere o acquistare di rinunciare alla sua facoltà di recesso come consumatore e con la quale impone allo stesso di pagare una somma predeterminata.
Non ha senso, infatti, prevedere un recesso e contemporaneamente una sanzione indiscriminata senza distinguere tra tipi di recesso. Il recesso contemplato dal codice del consumo é esercitato proprio perché il soggetto è stato colto di sorpresa nella negoziazione al di fuori dei locali commerciali e giustificato direttamente dalla legge ed è ingiustificata a sua volta la clausola con cui il mediatore impone il pagamento a tutti i costi di una somma di denaro nell’ipotesi di esercizio del diritto di recesso anche nei casi in cui tale recesso sia ampiamente motivato oltre al fatto che lo sarebbe per effetto del fatto che previsto direttamente dalla legge.
Bisogna quindi attentamente distinguere all’interno di un regolamento contrattuale e in particolare quello predisposto dall’agenzia immobiliare, le clausole che possono risultare invalide fin dall’origine da quelle valide, specialmente se parliamo di diritto di recesso.
Il caso più noto é quello in cui una volta stipulato il contratto con l’agenzia immobiliare il privato decide di recedere dal contratto stipulato fuori dai locali dell’agenzia e di stipulare un nuovo contratto con una nuova agenzia pur in presenza dell’obbligo di esclusiva attribuito a favore della prima agenzia.
Il diritto di recesso deve poter comportare il venir meno del vincolo contrattuale proprio in virtù del fatto che il contratto è stato stipulato fuori dai locali commerciali e quindi in virtù del codice del consumo, quando è la stessa legge a stabilire quindi un diritto e una facoltà che possono essere esercitati.
La previsione del versamento di una somma di denaro a titolo di caparra penitenziale o multa penitenziale deve avere da contraltare la previsione di un altrettanto onere a carico del mediatore, altrimenti può essere seriamente considerata invalida ai sensi del codice del consumo con tutte le conseguenze di legge.
Nell’ipotesi in cui abbiate intenzione di vendere un immobile o di acquistarlo é bene recarsi dall’avvocato immobiliarista individuandone uno a Torino e sottoporgli il testo contrattuale denominato “incarico di mediazione” che il mediatore propone alle parti prima di procedere con le trattative e con la ricerca di un acquirente o venditore e valutare insieme all’avvocato se il testo del contratto contenga eventualmente clausole vessatorie o invalide.
Ricordiamo, infatti, che la mediazione sfugge all’esonero dal codice del consumo previsto per i contratti traslativi della proprietà di immobili, non avendo a che fare con detto trasferimento.
Questo rappresenta una garanzia in più nell’ipotesi in cui si volesse poi recedere dall’incarico e attribuire l’incarico ad altra agenzia.
Nella fattispecie considerata dalla sentenza citata si discuteva in sostanza della rinuncia preventiva dell’allieva al diritto di recesso e dell’obbligo assunto da quest’ultima di pagare all’istituto una somma di denaro nell’ipotesi di recesso.
Tuttavia la Corte di cassazione censura la corte di merito per avere apoditticamente escluso che tale clausola rientrasse nell’ipotesi di violazione del codice del consumo e dell’allora vigente articolo 1469 bis c.c..
E questo perché la corte si era limitata ad escludere dogmaticamente e senza alcuna giustificazione la tipologia di clausola dall’elenco previsto dalla legge, senza operare una valutazione complessiva dello squilibrio contrattuale che si viene a creare con l’introduzione di una clausola di questo tipo.
Il supremo collegio ci insegna quindi che è necessario valutare il testo contrattuale nel suo complesso e soprattutto la clausola vessatoria all’interno del contesto in cui si trova e all’interno dell’equilibrio contrattuale.
Ricordiamo incidentalmente che al giorno d’oggi vige il codice del consumo e che il diritto di recesso del consumatore è previsto dagli articoli 64 e seguenti del decreto legislativo 6 settembre 2005 numero 206, appunto il codice del consumo.
È evidente che la persona fisica che stipuli con un operatore commerciale un contratto deputato alla soddisfazione di bisogni che esulino dalla propria sfera professionale può sempre recedere dall’accordo senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo entro il termine di 10 giorni lavorativi e ciò è previsto proprio dall’articolo 64 citato e questi giorni lavorativi decorrono dalle date di cui all’articolo 65 del suddetto decreto legislativo.
L’articolo 64 prevede infatti che
1. Per i contratti e per le proposte contrattuali a distanza ovvero negoziati fuori dai locali commerciali, il consumatore ha diritto di recedere senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo, entro il termine di dieci giorni lavorativi, salvo quanto stabilito dall’articolo 65, commi 3, 4 e 5.
Il fatto stesso che il codice del consumo preveda che il recesso deve poter essere esser esercitato senza penalità aggiuntive significa che questo diritto non può essere compromesso dall’esistenza di una clausola penale (rectius: penitenziale) prevista per il caso di recesso senza che il giudice debba valutare quindi il complesso di clausole al fine di verificare la vessatorietà di tale situazione giuridica sottostante.
L’esistenza di una clausola penale o di una caparra penitenziale o di una multa penitenziale implica per la parte debole del contratto un indebolimento ulteriore della sua posizione specialmente alla luce del diritto riconosciuto al consumatore di esercitare il recesso senza penalità alcuna.
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 27 gennaio 2019