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Vendita con riserva della proprietà (a rate): come difendersi se sei il compratore o il venditore? Risponde l’avvocato a Torino

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Oggi ci occupiamo di patto di riservato dominio. Si tratta della cosiddetta vendita a rate, che può riguardare i beni più disparati. Ci sono anche figure contrattuali analoghe, come il leasing traslativo e la locazione con riscatto del bene.

Il patto di riservato dominio é quell’accordo con cui venditore e compratore stabiliscono che la proprietà della cosa si trasferisce col pagamento dell’ultima rata di prezzo. Tuttavia il compratore acquisisce già il rischio di deperimento della cosa come stabilito dall’articolo 1523 del codice civile.

Torino è la capitale dell’automobile e spesso i clienti del commercio si riferiscono all’avvocato a Torino o ad uno studio legale a Torino per chiarire la loro posizione rispetto ad una vendita a rate di autoveicoli commerciali. Ciò accade quando l’acquirente non è riuscito a pagare interamente il prezzo.

Il legislatore protegge innanzitutto l’acquirente della vendita a rate affermando che nonostante il patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo non dà luogo alla risoluzione del contratto e il compratore conserva il beneficio del termine relativamente alle rate successive, ciò che è disposto espressamente dall’articolo 1525 c.c., che ha la funzione effettivamente di tutelare il compratore nel caso in cui sia inadempiente ma questa sua inadempienza sia di scarsa importanza, impedendo alle parti di ricorrere alla risoluzione automatica del contratto – come quella prevista dalla clausola risolutiva espressa -.

Tuttavia ciò non basta, perché in alcuni casi il compratore omette di corrispondere tutta una serie di rate di prezzo, imponendo al venditore la scelta di chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno.

In questi casi ci si rivolge all’avvocato proprio per tutelare i propri interessi alla luce del fatto che se il venditore consegue la restituzione del bene può trattenere effettivamente anche le rate di prezzo come disposto proprio dal codice civile. Infatti l’articolo 1526 del codice civile dispone che se la risoluzione del contratto ha luogo per l’inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno.

Qualora si tratti di un leasing traslativo, è ovvio che per equo compenso si intende una somma che compensa il mancato godimento del bene, ad esclusione di qualunque importo per riscatto finale (Cass. civ., sez. , III, 27 settembre 2011, n. 19732).

Se siete venditori, quindi, vi esponete automaticamente alla restituzione di tutte le rate riscosse fino a quel momento, perché in linea generale si applica il primo comma dell’articolo 1526 c.c., che impone al venditore di restituire tutte le rate di prezzo.

Ciò non è altro che un’applicazione normale degli effetti della risoluzione del contratto, i quali sono previsti proprio dall’articolo 1458 c.c. per i contratti a prestazioni corrispettive.

 Tale norma infatti afferma che la risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti,  salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardi i quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite. Il venditore quindi è esposto al rischio di dover restituire tutta una serie di rate già incassate ed è per questo che alle volte si tutela prevedendo ciò che è stabilito dal secondo comma dell’articolo 1526 cioè un patto di confisca delle rate.

Il patto di confisca delle rate è previsto espressamente dall’articolo 1526 secondo comma c.c., quando afferma che qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo di indennità,  il giudice secondo le circostanze può ridurre l’indennità convenuta;  è considerato a tutti gli effetti una clausola penale in quanto predetermina il risarcimento del danno liquidandolo ancora prima che si verifichi l’inadempimento.

Tale tipo di onerosa clausola – per il compratore è onerosissima, perchè perderebbe il bene e le rate già pagate – è considerata applicabile anche al leasing traslativo (cfr. Cass. civ., sez. , III, 12 settembre 2014, n. 19272).

Se non è prevista la clausola, ovviamente il debitore potrà chiedere la restituzione delle rate già pagate, incombente che spetta, nel caso di suo fallimento, al curatore fallimentare. In questo caso, infatti, non vale l’argomentazione che la risoluzione opera con effetto retroattivo, al punto da sostenere che sia il fallito in bonis a poter ricevere indietro il denaro pagato (Cass. civ., sez. , VI-III, 5 dicembre 2013, n. 27304)

In assenza di questo tipo di patti di confisca delle rate é ovvio che il venditore avrà diritto comunque ad un equo compenso, dovendo restituire le rate, ma allo stesso tempo potendo chiedere al giudice un compenso che va un po’ a compensare il deprezzamento del bene: si pensi ad un furgoncino oppure anche al deterioramento del bene. Il risarcimento del danno però non potrebbe andare ad includere anche i mancati guadagni.

Su questi argomenti si è pronunciata la Corte di Cassazione in una sentenza relativamente recente anche se risalente agli anni 2000, Corte di cassazione civile, sez. III, 24 giugno 2002, n. 9161.

Si tratta di una sentenza che si riferiva al leasing, ma si sa che la disciplina della vendita a rate cioè la vendita con riserva della proprietà si applica analogicamente anche al leasing.

Al di là di questo aspetto si afferma nella sentenza per quanto riguarda l’equo compenso di cui ha diritto il venditore e naturalmente anche il risarcimento del danno che

Mentre l’equo compenso comprende la remunerazione del godimento del bene ed il deprezzamento conseguente alla sua non commerciabilità come nuovo ed al logoramento per l’uso, ma non il mancato guadagno da parte del concedente, il risarcimento del danno può derivare da un deterioramento anormale della cosa dovuto all’utilizzatore. (Nella specie, non si è considerata meritevole di censura la decisione di appello che, facendo corretta applicazione dell’art. 1526, ultimo comma, c.c., ha ritenuto eccessivo che il concedente trattenesse l’intero monte dei canoni versati, determinando l’equo compenso in misura corrispondente al valore delle utilità ricavate dall’utilizzatore secondo le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio).

Questa sentenza dà per scontato in effetti che non corrisponde ad equità il fatto che il venditore trattenga al di là dei patti intercorsi tra le parti l’intero ammontare del canone riscosso. Si tratta infatti di una situazione che onera il compratore in maniera eccessiva e che si pone in contrapposizione con la nozione stessa di compenso che deve essere equo.

Ricordiamo che l’articolo 1526 c.c. afferma che

il venditore ha diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa. Ciò significa che l’equo compenso é la compensazione del fatto che il compratore ha utilizzato la cosa. Non può quindi corrispondere in linea di massima con la totalità dei canoni riscossi perché si deve considerare anche l’utilità concretamente guadagnata dall’utilizzatore.

In ogni caso secondo la dottrina l’ammontare complessivo delle rate già corrisposte determina inevitabilmente il limite del risarcimento spettante al venditore in caso di inadempimento del compratore perché se da una parte é eccessivo che il venditore trattenga tutte le rate, dall’altra in ogni caso non può ottenere somme superiori alle rate già riscosse che rappresentano già un equo compenso.

Nell’ambito del commercio quindi chi cerca uno studio legale a Torino o un avvocato  a Torino che sia competente in materia di vendita a rate e con riserva della proprietà, lo deve fare quando si trova in questa situazione, cioè nell’avere stipulato un patto di riservato dominio connesso ad una vendita e contemporaneamente di essere inadempiente al pagamento delle rate.

Se si tratta di un venditore, invece, ci si rivolgerà all’avvocato proprio per conoscere quali tipi di diritti il venditore ha nei confronti dell’inadempimento del compratore, cioè quali somme potrà tenere e quali somme può chiedere a titolo di compenso per l’uso della cosa che è stato fatto, nonostante la proprietà non sia passata cioè non si sia trasferita in capo al compratore per effetto dell’inadempimento stesso.

Il caso più eclatante é l’acquisto di beni mobili registrati.

Si tratta di quei beni che sono iscritti nei pubblici registri a norma dell’articolo 815 del codice civile, il quale prevede che i beni mobili iscritti nei pubblici registri sono soggetti alle disposizioni che li riguardano, in mancanza alle disposizioni relative ai beni mobili.

 Il senso di questa norma è quello di garantire l’assoggettamento di questi beni mobili a forme di pubblicità simili a quelle immobiliari per garantire la certezza dei traffici.

Nell’ambito del patto di riservato dominio, quindi, è evidente che la registrazione del patto corrisponde all’esigenza della opponibilità del patto ai terzi.

Su questo punto dispone l’articolo 1524 c.c. il quale afferma che la riserva della proprietà é opponibile ai creditori del compratore solo se risulta da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento.

Ciò significa che è opponibile ai creditori del compratore.

E’ ovvio che però, come abbiamo detto, se il patto si riferisce a beni beni mobili registrati cioè a quei beni di cui abbiamo parlato e che devono essere resi pubblici ovviamente anche il patto sarà opponibile soltanto se trascritto nei pubblici registri dei singoli beni.

Il codice civile si preoccupa anche del fatto che se la vendita ha ad oggetto macchine, la riserva della proprietà é opponibile anche al terzo acquirente, purché il patto di riservato dominio sia trascritto in apposito registro tenuto nella cancelleria del tribunale nella giurisdizione del quale è collocata la macchina e questa quando è acquistata dal terzo si trovi ancora nel luogo dove la trascrizione è stata eseguita.

Ci sono sentenze della Corte di Cassazione su questo punto abbastanza rigorose, che escludono che il terzo acquirente possa esser attaccato con una domanda di restituzione del bene qualora al momento della trascrizione il bene non si trovasse nel luogo in cui veniva trascritto.

Il compito dell’avvocato è quello di indicare preventivamente alle parti una corretta regolamentazione del patto di riserva della proprietà bilanciando gli interessi contrapposti.

E infatti conforme alla buona fede del contratto il fatto di prevedere una regolazione degli interessi che non ponga il compratore in una posizione di totale debolezza. Per questo motivo é soprattutto l’acquirente che deve cercare un avvocato a Torino per farsi tutelare adeguatamente nell’acquisto del bene mobile registrato al fine di evitare che nell’ipotesi di inadempimento – cioè nell’ipotesi in cui debba affrontare una crisi finanziaria di liquidità  e non possa finire di pagare le rate – perda sia le rate sia il bene.

Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 25 marzo 2019

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