Forse è vero che qualche volta le esperienze costruttive vengono valorizzate.
Qualche anno fa a Torino, il Presidente del Tribunale allora in carica, Mario Barbuto, con semplici accorgimenti di “gestione efficiente”, seppe aumentare enormemente la produttività dell’Organo giudiziario piemontese, al punto che oggi è in carica come capo del Dipartimento relativo all’Organizzazione giudiziaria presso il Ministero di Giustizia. Ed è del 26 novembre 2014 la notizia, pubblicata anche sul sito del Ministero, secondo cui sarebbe stata stilata una lista di produttività di 139 tribunali italiani. E’ veramente significativo che, finalmente, si comprenda che il problema delle lungaggini processuali non è nelle regole, ma nell’ingegneria gestionale con cui si movimentano gli strumenti e i mezzi aziendali che consentono alla macchina giudiziaria italiana di produrre risultati. Basta, si spera, quindi con le continue riforme delle regole processuali? Si spera, appunto, che finalmente sia chiara la lezione. E’ la gestione delle risorse a consentire risultati efficienti e non il continuo cambiamento delle regole che obbliga tutti gli operatori, cancellieri, avvocati e magistrati a cambiare continuamente gli schemi applicativi del processo e del diritto in generale, con confusione e incertezza del diritto.
Ora, anzitutto si apprende che la lista è formata sulla base di criteri internazionalmente riconosciuti, in particolare quelli della Banca Mondiale e della Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia. Contano quindi alcune percentuali importanti, quali quella relativa ai procedimenti ultra-triennali pendenti, la durata della giacenza media dei procedimenti, il tasso di scopertura dell’organico dei magistrati o del personale amministrativo, il rapporto tra giudici e abitanti e numero di cause. Compaiono per la prima volta anche i dati sulle Corti d’Appello, le quali come si sa sono protagoniste di procedimenti lunghissimi e spesso inutili. E’ capitato anche a Torino, per esempio, che giudizi di appello fondati venissero rigettati senza nemmeno una motivazione plausibile, utilizzando un criterio tautologico che non può soddisfare il cittadino: il criterio dell'”è così perchè è così”, che nulla aggiunge e nulla toglie alla motivazione di primo grado. Peraltro, molti avvocati sanno che l’udienza fondamentale dell’appello, cioè quella cui si rinvia dalla prima udienza di comparizione, è fissata anche tre o quattro anni dopo rispetto alla prima. Le parti hanno tempo a decedere, prima di sapere come andrà a finire la loro causa, che malauguratamente hanno instaurato per “ottenere giustizia”.
In ogni caso, può interessare come sia catalogato il Tribunale di Torino. Si consulti, quindi, la famosa lista a questo link, quello del Ministero: http://www.giustizia.it/resources/cms/documents/tribunali_gruppo1_pendenze_ultratriennali_31dic2013.pdf
Cosa emerge, anzitutto? Il bacino di utenza è considerato “molto grande”, ovviamente, visto che Torino non è l’ultima città italiana. Il numero dei magistrati è di 165. Il dato più significativo, conferma degli anni precedenti, è che il rapporto tra le cause ultratriennali pendenti e le cause complessive pendenti davanti al Tribunale è del 6,3 %, percentuale eccellente se parametrata ai risultati ottenuti dagli altri Tribunali. Non vi è probabilmente alcun legame tra le dimensioni del Tribunale e l’efficienza, visto che alcuni Tribunali arrivano ad avere il 50 % delle cause pendenti ultratriennali e non è detto siano grandi tribunali. Il Tribunale di Potenza raggiunge il 42,6 %, quello di Foggia il 63,2 %. Dati decisamente drammatici e certamente non isolati. Lamezia Terme raggiunge il 62,7 %, Milano si difende con il 12,4 %. Detto questo, il Tribunale di Torino si conferma decisamente veloce per quanto riguarda le cause pendenti, sempre fermo restando che è importante analizzare tutti questi dati per arrivare, poi, ad elaborare un’organizzazione più efficiente e cercare di portare i vari organi giudiziari più o meno allo stesso livello.
I dati fanno fede al 31 dicembre 2013. La media è il 22,9 %, ciò significa che la media delle cause “lunghe” rispetto a tutte le cause nel complesso considerate, almeno a Torino, è decisamente superiore al dato piemontese. Il Tribunale di Torino riesce così ad aggiudicarsi un dato molto inferiore al dato medio.
E’ stata elaborata anche una tabella, come si vede dal link pubblicato, che accorpa i dati relativi ai processi anche in relazione al numero dei magistrati togati in ruolo. Spicca, per esempio, il dato drammatico del Tribunale di Bari che, nonostante 88 magistrati in ruolo, non riesce a scendere sotto il 40 % del rapporto cause lunghe/cause totali. Per il Piemonte, colpisce il dato del Tribunale di Asti, che con “soli” 25 magistrati di ruolo togati, si porta al 5 % del rapporto cause lunghe/cause totali, dimostrando che non è nemmeno tanto il numero di magistrati ad incidere come unico fattore sulla lunghezza dei processi.
Si auspica, comunque, che proprio dal lavoro del Presidente Barbuto si possa partire per riorganizzare la giustizia italiana, sulla base di oggettivi parametri di efficienza gestionale.
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino, il 27 novembre 2014