Approvato il 24 febbraio 2015 dalla Camera dei Deputati il DDL riguardante la responsabilità civile dei magistrati, anche in applicazione di alcune pendenze comunitarie, in particolare il n. 2738. La norma approvata in via definitiva si trova sulla Gazzetta Ufficiale e quindi al seguente link: http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2015-03-04&atto.codiceRedazionale=15G00034&elenco30giorni=true
Il tema è sicuramente controverso, vediamo per quali motivi:
– anzitutto il fatto in sè che i magistrati debbano rispondere per l’esercizio della funzione crea problemi relativi alla sovranità: in ogni Stato, infatti, l’ultima parola deve spettare a qualcuno, nel nostro, sia pure impostato come democrazia parlamentare e sia pure per questioni di merito tra cittadini o tra cittadini e Stato e non “erga omnes”, l’ultima parola spetta a chi applica le leggi;
– una forma particolare di sovranità è esercitata dalla Corte Costituzionale, il cui ruolo è sempre stato controverso, per i sostenitori della funzione politica e per i fautori della funzione giurisdizionale;
– infine, perchè la Costituzione assegna al popolo la sovranità in ultima istanza, ma questi può esercitarla unicamente in via indiretta.
E’, quindi, un dato di fatto che il magistrato esprima “in nome del popolo italiano” sentenze nelle quali dà l’ultima e indiscutibile parola su una controversia. Questo punto è fondamentale in tema di filosofia del diritto, perchè la questione della responsabilità civile dei magistrati può apparire un controsenso. Se un organo, infatti, ha l’ultima parola, ciò deve avvenire in modo indiscutibile, altrimenti la sovranità si sposta su altri organi.
Detto ciò, negli ultimi anni il gioco degli equilibri costituzionali ha portato ad un problema fastidioso, perchè con l’eliminazione delle immunità parlamentari, si pone la questione dei nuovi equilibri. L’equilibrio nuovo pare sia stato trovato nella responsabilità civile dei magistrati. Quali sono le linee della riforma?
Nell’art. 1 si lascia intendere addirittura che la riforma è quasi richiesta dall’appartenenza all’Unione Europea. Il tema è che l’Italia è stata condannata in questo senso, tuttavia c’è da chiedersi in che misura la cessione della sovranità operata dagli Stati nazionali a favore dell’organismo sovranazionale possa addirittura contemplare la disciplina di un ambito che dipende dagli assetti istituzionali, dalla forma di Stato e di governo e dal regime costituzionale, tutti fattori diversi da Stato a Stato e quindi non uniformabili a priori e per partito preso.
Viene modificata la legge 117 del 1988.
I punti salienti sono il permanere della responsabilità indiretta, il cui scopo non può che essere quello di evitare che un collega magistrato sia chiamato a decidere in modo diretto e condizionante sulla vita di altro collega, che sia ssuma aver errato in una decisione giurisdizionale. Il cittadino, quindi, potrà sicuramente agire, senza alcun vaglio di ammissibilità, nei confronti dello Stato. Sarà poi onere dello Stato rivalersi sul singolo magistrato (in questo caso si tratta di un obbligo e non di una facoltà).
Lo Stato ha due anni di tempo per l’azione di rivalsa. Novità è che possono essere risarciti i danni patrimoniali o non patrimoniali, anche non derivanti da privazione della libertà personale. In che cosa consiste, però, la responsabilità del magistrato, in sè considerata?
Anzitutto nella violazione manifesta del diritto comunitario, anzi dell’Unione Europea. Non costituisce, invece, responsabilità il comportamento che derivi dall’interpretazione della legge e del fatto. E ciò non può stupire, anche perchè nel caso di altri operatori (si pensi, ad esempio, alla responsabilità civile degli avvocati), l’attività interpretativa non può dar luogo a colpa, proprio perchè è di natura ermeneutica e contiene spazi di discrezione. Inoltre, il magistrato è responsabile per travisamento. Si tratta del travisamento del fatto e delle prove. Conduce a responsabilità anche l’affermazione di fatti che proprio dai documenti acquisiti siano esclusi. Stupisce che sia sufficiente la semplice affermazione di un fatto “incontrastabilmente” non emergente dagli atti o viceversa l’occultamento di fatto che pacificamente emerge, anche se non ha influito sulla decisione. Su questo punto bisogna verificare, poi, quale sarà l’interpretazione della disposizione. Infine, è colpa grave l’emissione di un provvedimento fuori dei casi ammessi, cioè in particolare un provvedimento cautelare fuori dei casi consentiti. Farebbe testo, a detta della disposizione, anche il provvedimento cautelare “reale” e non solo personale.
La rivalsa arriverà fino al 100 % dello stipendio annuale, nel caso di dolo (o potrà) e fino al 50 % nei casi in cui non sussista il dolo, ma la colpa.
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 25 febbraio 2015