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La crisi dell’Euro figlia di errori politici?

C’è da chiedersi il senso di una politica anti-inflazionistica che perdura da mesi e che sta producendo, a causa dell’atteggiamento del partner più potente degli Europei, la Germania, un vero e proprio rischio di collasso della moneta unica.

Lasciamo da parte le varie teorie sull’euro a doppia velocità, come quella proposta per esempio dal Prof. Jean-Pierre Vesperini, che attestano l’esistenza di un dibattito decennale sulla problematica “Euro” e sul divario tra le divise nazionali degli Stati dell’Unione. E’ evidente che sia queste prese di posizione, peraltro ragionevoli, sia la stessa costruzione della moneta unica, con il limite intrinseco costituito dal divario tra le economie reali e certi rapporti di cambio congelati e assurdi dimostrano in modo evidente che la realtà (finanziaria) non può essere imbrigliata in schemi, se non allo stretto scopo di una regolamentazione. Nè tanto meno è possibile non adottare le medesime soluzioni che altrove, nel mondo, sono state adottate in periodi di forte difficoltà sulla crescita, e diminuzione dell’inflazione. In particolare, l’esperienza giapponese e i dati sulla crescita statunitense apparsi in questi giorni sui quotidiani, dati che sono figli degli interventi della Federal Reserve, attestano che cambiare è possibile.

Ma l’Europa, per ragioni culturali e non solo, è caratterizzata da questa insanabile frattura tra una mentalità rigorista puritana, per la quale la libertà dell’uomo è un problema e una mentalità tipica dei Paesi del Sud dell’Unione nella quale la libertà è risorsa e financo licenza. Nessuno può negare che l’Italia abbia da risolvere una serie di questioni morali ed economiche legate alla corruzione, agli sprechi sulla spesa pubblica, alla cattiva gestione delle risorse finanziarie, al lavoro nero, all’economia sommersa e illecita. Tuttavia, anche da Oltreoceano quasi ogni giorno arriva un richiamo estremo alle Comunità europee a prendere decisioni drastiche e ad istituire una Banca Centrale capace di svolgere il ruolo che deve assumere nell’economia contemporanea e globalizzata.

L’area Euro è ostaggio della Germania, inutile girarci intorno. E’ pur vero che i tentativi della cosiddetta “Signora Merkel” di convincere gli Stati del Sud a ridurre il proprio debito non sono del tutto pretestuosi, ma è altrettanto vero che non sempre la Germania “ha fatto i compiti a casa”, come quando nascose una parte del debito pubblico per far tornare i conti. I rapporti di cambio come istituiti hanno distrutto il manifatturiero italiano, perchè il passaggio dal marco all’euro per l’economia reale tedesca è stato molto più vantaggioso rispetto al passaggio, per l’economia reale italiana, dalla lira ad una moneta molto più forte.

E dunque, possibile che il partner tedesco non possa prendere atto di tale limite intrinseco? Sembra di no, a quanto pare oltre all’ostinazione su politiche economico-finanziarie palesemente errate, volte a contenere l’inflazione a livelli deflazionistici, addirittura stanno circolando voci secondo cui le autorità di Berlino starebbero mettendo a punto un piano nel caso di collasso dell’Euro. Quindi, ad una soluzione più facile e ordinaria, cioè quella di adottare una politica finanziaria adeguata agli standard moderni, si preferisce scommettere paradossalmente sul collasso della moneta unica. Peraltro, esito ormai pressoché certo, ma anche ampiamente preventivato, ad esempio fin dal giugno 2014 sul Financial Times e da tutti i principali economisti del mondo.

Di fronte all’insorgere di partiti anti-euro, come l’Afd, ancora una volta non si comprende la loro natura sintomatica, si preferisce correre verso la distruzione dell’Unione Europea, a capofitto e adottando teorie economiche fallimentari e scollegate dalla realtà. In questo scenario, ovviamente il protagonista sarà lo speculatore.

Torino, 31 ottobre 2014

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