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Finita locazione: la licenza anche per il comodato?

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Alcuni si rivolgono all’avvocato immobiliarista a Torino per sapere se la cosiddetta “licenza per finita locazione” prevista dall’art. 657 c.p.c. sia praticabile con forme diverse anche per il comodato.

Una risposta ragionata arriva dalla sentenza Tribunale civile Mantova, 15 maggio 2018. Prima di analizzarla, conviene premettere che a norma dell’art. 657 c.p.c.

Il locatore o il concedente può intimare al conduttore […]  licenza per finita locazione, prima della scadenza del contratto, con la contestuale citazione per la convalida, rispettando i termini prescritti dal contratto, dalla legge o dagli usi locali.
Può altresì intimare lo sfratto, con la contestuale citazione per la convalida, dopo la scadenza del contratto, se, in virtù del contratto stesso o per effetto di atti o intimazioni precedenti, è esclusa la tacita riconduzione

Prima che il contratto scada, in sostanza, il proprietario può già convenire in giudizio l’inquilino per una decisione che decreti la fine del rapporto nel tempo in cui cesserà. Ci si è chiesti se ciò è possibile anche per quelle forme di rapporto di godimento dell’immobile per le quali non è utilizzabile il rito speciale di convalida dello sfratto: ad esempio per i comodati.

Si sa che il comodato implica uno strumento di tutela diverso, il processo ordinario delle locazioni: art. 447 bis c.p.c..

Questo non può essere considerato un ostacolo, in assenza di normative contrarie.

Il tribunale ragione così, affermando:

la volontà della parte di impedire il rinnovo del contratto e di ottenere la liberazione dell’immobile alla scadenza si considerano già implicite nella domanda della ricorrente, al di là di quanto previsto dall’art. 657 c.p.c., il che rende quindi ammissibile una domanda che abbia le medesime finalità e solo diverso (formale) contenuto.

Motiva, poi, in questo modo:

La domanda della ricorrente, in definitiva, ancorché introdotta con un rito difforme da quello previsto dall’art. 657 c.p.c. che prevede la citazione per la convalida e non il ricorso ex art. 447 bis c.p.c. (che risulta depositato nel caso di specie) appare accoglibile senza doversi provvedere ad alcuna (difficilmente ipotizzabile, peraltro) conversione del rito.
Né si ritiene che ciò possa cozzare contro la specialità del rito previsto dall’art, 657 c.p.c. dovendosi piuttosto guardare alla specialità della domanda (condanna in futuro e riconosciuto interesse ad agire del futuro creditore del rilascio di
procurarsi il titolo esecutivo anche prima della scadenza, per poter far luogo all’esecuzione già in tale momento, nel caso di mancato rilascio) che nel caso specifico si ritiene identica anche se veicolata nelle forme del ricorso e non della citazione.
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 31 maggio 2018

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