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Edilizia economica e popolare: il regime di libera vendita. Risponde l’avvocato immobiliarista

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Una delle tematiche che possono riguardare l’immobile di edilizia economica e popolare riguarda la sua libera o vincolata alienabilità. E ciò sulla base della vecchia legge 865/1971. Si pone, infatti, il problema di stabilire se il promissario acquirente, che ha sottoscritto un compromesso per l’acquisto di immobile che poi si scopre essere sottoposto ai vincoli della legge di edilizia economica e popolare, possa in qualche modo chiedere la riduzione del prezzo, magari esercitando l’azione costitutiva di cui all’art. 2932 co.d civ.. Una recente pronuncia, relativa a fatti degli anni Novanta, ci aiuta a comprendere lo sviluppo normativo e capire se l’agenzia immobiliare, da una parte e il venditore dall’altra possano avere responsabilità: Corte di cassazione civile del 27/12/2017 sez. II num. 30951.

Premettiamo che il tribunale, in primo grado, dava ragione ai promissari acquirenti, dichiarando la nullità del contratto preliminare per essere stato sottoscritto in totale violazione di una serie di vincoli della disciplina delle case economiche e popolari stabilita dalla legge 865/1971. Infatti:

il Tribunale dichiarava la nullità del contratto preliminare, condannando i convenuti a pagare agli attori la somma di euro 30.750,00 (a titolo di restituzione della caparra confirmatoria ricevuta) e la terza chiamata a corrispondere ai convenuti l’importo di Euro 7.000,00 (a titolo di restituzione della provvigione conseguita) ed a rifondere quanto gli stessi avrebbero dovuto versare per spese di lite agli attori; condannava, infine, i convenuti e la terza chiamata a rimborsare agli attori le spese di lite e la terza chiamata a rimborsare ai primi le spese di lite.

In poche parole, il tribunale dava ragione agli acquirenti: se essi non conoscevano che l’immobile era sottoposto a vincoli vari, avevano diritto ad una riduzione del prezzo, o peggio ancora alla restituzione della caparra versata.

Tuttavia, successivamente la Corte d’appello competente per territorio stravolgeva la decisione, ricordando l’evoluzione normativa. Quella legge vincolistica del 1971 non aveva ragione di essere applicata perchè sulla base della nuova normativa, dopo 5 anni l’immobile è liberamente vendibile, così come era stato posto in vendita in libera alienazione sia dall’agenzia immobiliare, sia dal venditore. In questa sede, peraltro, non era venuto in questione il prezzo e il suo rapporto con la disciplina vincolistica che riservava al Comune di fissare il prezzo di vendita.

Infatti, la Corte d’appello

in accoglimento dell’appello principale ed in parziale accoglimento di quello incidentale, respinta l’eccezione di nullità del contratto preliminare, accertava la legittimità del recesso esercitato dai promittenti venditori ed il loro diritto di incamerare la caparra confirmatoria, condannava la B. e lo S., in solido, a restituire alle controparti le somme versate in forza della provvisoria esecuzione della sentenza impugnata e rigettava le domande proposte dal P. e dalla R. nei confronti della Studio Casa ……s.r.l.,

La Corte sottolineava, infatti, la forza della nuova previsione normativa:

L. 28 gennaio 1994, n. 85, art. 3, in virtù del quale, una volta decorsi cinque anni dall’assegnazione o dall’acquisto dell’alloggio di edilizia agevolata, le operazioni di dismissione dello stesso erano liberalizzate e le eventuali clausole, contenute in provvedimenti amministrativi o in strumenti convenzionali, contrastanti con tale regime di libera alienabilità erano da considerarsi caducate

La Corte di Cassazione, alla fine, ha confermato questo principio, specificando qualcosa sul prezzo, anche perché i promissari acquirenti avevano chiesto la riduzione del prezzo perchè dicevano di non essere a conoscenza dei vincoli dell’immobile e non perchè esso non fosse conforme al prezzo che doveva fissare il Comune. Infatti, la Cassazione specificava anche che la libera alienabilità dopo 5 anni non intacca il principio del prezzo vincolato. Inoltre, afferma che la nuova disciplina è in vigore e si applica subito anche alle alienazioni ad essa successive, seppure riguardanti convenzioni precedenti:

Non è revocabile in dubbio che, in tema di vendita di alloggi di edilizia agevolata, la L. 28 gennaio 1994, n. 85, art. 3, nel modificare la L. 17 febbraio 1992, n. 179, art. 20, comma 1, abbia liberalizzato, pressochè integralmente, le operazioni di dismissione di tali beni da parte dei proprietari o assegnatari, stabilendo solo il vincolo del rispetto di un termine di mantenimento quinquennale in proprietà (o assegnazione), peraltro derogabile, previa autorizzazione della Regione, ove sussistenti gravi, sopravvenuti e documentati motivi.
La nuova disciplina è di immediata applicazione, e vale anche per le alienazioni successive alla sua entrata in vigore, ma relative ad alloggi oggetto di convenzioni ed assegnazioni anteriori alla L. 17 febbraio 1992, n. 179
A conclusione appare evidente che l’avvocato immobiliarista consiglierà il cliente di valutare se sono passati 5 anni. Riferendosi alla nuova normativa – art. 3, legge 85/1994 -, la quale prevede:
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli alloggi di edilizia agevolata possono essere alienati o locati, nei primi cinque anni decorrenti dall’assegnazione o dall’acquisto e previa autorizzazione della regione, quando sussistano gravi, sopravvenuti e documentati motivi. Decorso tale termine, gli alloggi stessi possono essere alienati o locati”
I 5 anni decorreranno dall’acquisto o dall’assegnazione dell’immobile.
 
Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 24 febbraio 2018

 

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