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Divieto di parcheggio in condominio: quando rivolgersi all’avvocato immobiliarista a Torino

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Una delle questioni più dibattute, nell’ambito condominiale, è l’uso del “cortile“, quello spazio che solitamente gli edifici urbani posseggono e che spesso è adibito all’uso comune.

Su una parte comune (cfr. art. 1117 c.c.) è possibile imporre, mediante il regolamento condominiale, un limite d’uso, oppure una regolamentazione d’uso pratica: nel primo caso ciò avviene con una disposizione del regolamento contrattuale, che impone limiti alla proprietà, mentre nel secondo caso la regolamentazione del cortile può avvenire con una semplice delibera condominiale dell’assemblea.

Quando rivolgersi, quindi, all’avvocato immobiliarista e che cosa chiedere? All’avvocato immobiliarista è bene rivolgersi quando l’uso del cortile è ambiguo, nel senso che il regolamento condominiale parrebbe escluderlo, ma magari questo uso si protrae da tempo nei fatti.

Può accadere che un condomino contesti sia l’uso, sia la semplice delibera che lo permette, a fronte di un regolamento che lo vieti.

In questi casi, quindi, l’avvocato immobiliarista ha il compito di interpretare correttamente il regolamento e verificarne la chiarezza, alla luce dei parametri che si possono dedurre anche dalla sentenza Corte di cassazione civile, sez. II, 22 marzo 2019, n. 8239, secondo cui è accoglibile il ricorso se la corte di merito, in questo caso la Corte d’Appello di Torino erra nell’interpretare il regolamento, consentendo di fatto al condominio di portare avanti la consuetudine di parcheggiare le auto nel cortile comune.

Il caso è piuttosto semplice: una società condomina, che vende le sue proprietà durante la causa (fatto ininfluente) contesta ad alcuni condomini di usare lo spazio del cortile per parcheggiarvi l’auto, anche a fronte di una delibera del 1982 che lo consentirebbe, ma, a sua detta, in violazione del regolamento condominiale.

L’errore della Corte d’Appello è quello di leggere il regolamento in modo illogico, affermando da una parte che esiste il divieto di ingombro del cortile, ma che siccome nello stesso regolamento sarebbe consentito ai proprietari dei negozi di transitare, di pulire le auto, implicitamente tale divieto non potrebbe essere interpretato in modo letterale e certo; in pratica, il regolamento prevede di sgomberare il cortile, ma tollera certe situazioni in cui esso viene occupato dai condomini o da alcuni di essi. Da questo la corte ha tratto la conclusione che bisogna interpretare in modo diverso il divieto, anche alla luce del comportamento trentennale dei condomini che parcheggiavano abitualmente o stipulavano, dopo la delibera, veri contratti di locazione.

La Corte di Cassazione, invece, riporta l’argomentazione alla logica. Qualora un divieto sia seguito da una eccezione, è ovvio che il divieto rimane tale nonostante la presenza dell’eccezione, in quanto le clausole vanno interpretate le une per mezzo delle altre, come stabilito dall’art. 1363 c.c..

Dice la Corte di Cassazione, infatti, che:

Il criterio ermeneutico secondo cui le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre (art. 1363 c.c.), regola che è riconducibile al criterio di interpretazione letterale (Cass. n. 14882 del 2018), avrebbe dovuto anzi portare a ricostruire il significato di tale previsione alla luce del divieto posto dalla prima parte della disposizione regolamentare, cioè, come detto, come mera eccezione allo stesso.

In sostanza, leggendo un qualunque regolamento condominiale l’avvocato immobiliarista e con lui il cliente è in grado di interpretarlo correttamente, qualora parta dal divieto e semmai ammetta alcune eccezioni. In tal caso, l’idea che le auto possano transitare o semplicemente essere lavate nel cortile non implica nè presuppone la facoltà di sostare nel cortile con le stesse, nonostante per tali operazioni è quasi inevitabile farlo. L’esistenza dell’eccezione al divieto non rende diritto ciò che rimane un divieto.

Ciò è l’esatto opposto del risultato a cui perviene la Corte d’Appello di Torino, secondo la quale, invece, l’esistenza delle eccezioni al divieto porta ad interpretare il divieto come “lettera morta” e quindi escludere la sua natura di vincolo alla proprietà, riconoscendone invece la natura di modalità di regolazione dell’uso del cortile (modificabile a maggioranza assembleare).

La Corte Suprema, quindi, riporta all’uso corretto delle regole ermeneutiche del contratto. Un regolamento si può definire contrattuale, vincolante e “modificabile solo all’unanimità” se prevede anche eccezioni al vincolo imposto ai condomini, in quanto le eccezioni non annullano il divieto e il vincolo reale.

Inoltre la Corte d’Appello aveva anche affermato che siccome il divieto appariva sempre rivolto, letteralmente, alle persone e non agli immobili, doveva considerarsi obbligatorio e non reale, quindi non un vincolo “reale” imposto sull’immobile.

Tale osservazione, però, secondo il Supremo Collegio nella sentenza citata non ha alcun pregio, in quanto l’onere reale, così chiamato perchè segue la cosa a chiunque pervenga, è sempre un onere rivolto alla persona che ne è titolare, quindi il fatto che il regolamento si rivolgesse ai “proprietari” invece che agli “immobili” non significa necessariamente che si dovesse escludere la natura di vincolo reale e contrattuale del regolamento.

Quando in condominio accade che il cortile viene usato per parcheggio, nonostante e contro il disposto del regolamento, è bene far riferimento sempre ad un avvocato immobiliarista a Torino, al fine di verificare se il divieto previsto ha natura di vincolo insormontabile e anche per verificare se una eventuale delibera che abbia modificato l’uso del cortile sia valida o no.

L’avvocato immobiliarista sarà in grado di stabilire se la delibera è impugnabile, entro quanto e, infine, se l’uso del cortile può essere modificato.

Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 14 aprile 2019

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