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Controlli a distanza dei lavoratori

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Corte di Cassazione – Quarta Sezione Lavoro, Sentenza 5 ottobre 2016, n. 19922 ha stabilito che

se per l’esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro può installare impianti o apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale del lavoratori medesimi” (Cass. n 16622/2012; cfr. nonchè in senso conforme Cass. n. 4375/2010).

A ciò perviene, considerando (nel caso di specie si trattava dell’impugnazione di un licenziamento per giusta causa), che

il sistema di controllo attraverso gps istallato sulle vetture in uso ai dipendenti della [ditta] è stato predisposto ex ante ed in via generale ben prima che si potessero avere sospetti su una eventuale violazione da parte del lavoratore M.; si tratta invece di un meccanismo generalizzato di controllo, come emerge anche dal ricorso, che unitamente al sistema patrol manager che era in uso nell’azienda indipendentemente da sospetti o reclami di clienti;

E’ noto che l’articolo 4 comma III dello Statuto dei Lavoratori dispone che una volta installati regolari impianti di videosorveglianza “le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196“.

A questo proposito, però, il Consiglio di Stato ha affermato che

“è fatto divieto d’installazione dei sistemi di videosorveglianza in azienda laddove questi favoriscano, per le modalità del loro utilizzo, il diretto e costante controllo sull’attività dei lavoratori” (Cons. Stato Sez. VI, 05/06/2015, n. 2773).

Ciò significa anche che “il datore di lavoro è legittimato ad effettuare controlli difensivi occulti, anche per mezzo di personale estraneo all’organizzazione aziendale, se diretti a tutelare beni del patrimonio aziendale ovvero ad accertare la perpetrazione di comportamenti illeciti, purché ciò avvenga mediante modalità non eccessivamente invasive e rispettose della libertà, dignità e riservatezza dei lavoratori e con l’osservanza dei canoni generali di correttezza e buonafede contrattuale” (Cass. civ. Sez. lavoro, 27/05/2015, n. 10955).

Nel caso considerato la Corte rilevava che “l’effettività del divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori richiede che anche per in cosidetti controlli difensivi trovino applicazione le garanzie della L. n. 300 del 1970, art. 4, comma 2; ne consegue che, se per l’esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro può installare impianti o apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale del lavoratori medesimi” (Cass. n 16622/2012; cfr. nonchè in senso conforme Cass. n. 4375/2010).

Si ricorda che alcuni lavoratori a Torino avevano posto alla Corte Suprema il seguente quesito:

“se si sia verificata violazione delle disposizioni contenute nella L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 4, quando non si è considerato necessario un preventivo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali per l’installazione di impianti audiovisivi finalizzati a controllare a distanza anche l’attività dei lavoratori, sia nel caso che il controllo riguardi il lavoro di dipendenti diretti dell’azienda sia che il controllo riguardi il lavoro, svolto in favore della azienda nei locali della stessa, da dipendenti di una società terza in esecuzione di un’attività appaltata alla stessa. Con la conseguente dichiarazione di illiceità dell’installazione e la totale mancanza di valore probatorio del materiale conseguito con tale violazione”.

La Corte aveva risposto che

“l’installazione – per esclusive finalità difensive – ad opera di un soggetto terzo, rispetto alla società datrice di lavoro […] non è configurabile una violazione del richiamato art. 4”.

Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino l’1 dicembre 2016

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