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Contestazione disciplinare: entro quanto tempo? Risponde l’avvocato del lavoro a Torino

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Il quesito che molti si pongono, quando ricevono una contestazione disciplinare sul posto di lavoro è se sia o meno tempestiva. Vige, infatti, il noto principio secondo cui la contestazione disciplinare del datore di lavoro deve essere irrogata nell’immediatezza dei fatti, dando così la possibilità al lavoratore di difendersi. Nel caso di dubbio, consigliamo di chiedere una consulenza on line.

 

Sappiamo che il II comma dell’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori dispone:

Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa

Che il datore di lavoro debba contestare immediatamente il comportamento censurato del lavoratore è un principio noto. Tuttavia, è bene ricordare che la Corte di Cassazione più volte si è trovata a dover decidere che cosa si debba intendere per immediatezza. La contestazione deve avvenire entro 48 ore? Oppure entro qualche giorno? E se perviene dopo un mese dai fatti?

Ora, ultimamente, il 4 dicembre 2017, è stata depositata in cancelleria a Roma la sentenza Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., (ud. 11-07-2017) 04-12-2017, n. 28974, la quale fornisce ulteriori indicazioni sull’argomento. E’ massimata così, dando intendere qualcosa sulla natura dell’atto di recesso del datore di lavoro (il licenziamento del dipendente), il quale sarebbe caratterizzato dalla contestazione come da un elemento-chiave nella formazione dell’atto:

Il principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare, la cui ratio riflette l’esigenza dell’osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell’attuazione del rapporto di lavoro, non consente all’imprenditore-datore di lavoro di procrastinare la contestazione medesima in modo da rendere difficile la difesa del dipendente o perpetuare l’incertezza sulla sorte del rapporto, in quanto nel licenziamento per giusta causa l’immediatezza della contestazione si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro.

L’avvocato del lavoro a Torino risponde sul tema. E’ fondamentale considerare tutti gli elementi che possono indurre ad una risposta “lenta” del datore di lavoro, ad esempio le dimensioni eccezionalmente ampie dell’impresa, il numero dei lavoratori, la mancanza di controlli. Bisogna considerare, infatti, cosa era accaduto nella vicenda analizzata, che ha fornito al Supremo Collegio l’occasione per ribadire il principio: la dipendente, adibita ai call center di una grossa azienda telefonica per il recupero crediti, concedeva ampie liberatorie ai debitori, ivi compresa se stessa. Ora, il punto è che il fatto in sè è sufficientemente grave da giustificare il licenziamento per giusta causa, essendo venuta meno la fiducia riposta dall’azienda nella lavoratrice. La contestazione, però, era pervenuta un mese dopo i fatti, essendo complicato accertarli e ricostruirli.

Il cittadino lavoratore che riceve una contestazione disciplinare deve rivolgersi immediatamente all’avvocato del lavoro, il quale valuterà ovviamente la tempestività della contestazione rispetto ai fatti, nonché le forme con cui è stata effettuata. Lo Studio Duchemino opera da anni a Torino come avvocato del lavoro, fornendo proprio questi servizi di consulenza, in quanto è necessario che il lavoratore che riceve una sanzione disciplinare sia in grado di ricostruire l’intero iter con cui si è pervenuti all’irrogazione.

Ora, sempre il caso analizzato dalla Corte sottende una vicenda nella quale tribunale e corte d’appello avevano avallato il licenziamento, seppure appunto la contestazione disciplinare fosse stata formulata con una lettera anonima e comunque dopo un mese dai fatti. Il Collegio ricorda il punto di vista del giudice d’appello:

il giudice del gravame rimarcava che la lettera di contestazione era da ritenersi tempestiva, in quanto formulata entro un mese dalla denuncia dei comportamenti illeciti ascritti alla dipendente – consistiti nella indebita concessione di numerosi esoneri dall’obbligo di pagamento fatture, anche in favore di se stessa – la cui specifica descrizione era contenuta in una lettera anonima pervenuta alla azienda; ciò in considerazione della assenza di alcun obbligo a carico di quest’ultima, di mantenere sotto controllo l’operato dei propri dipendenti in ragione delle ampie dimensioni della propria struttura organizzativa. All’esito dello scrutinio del quadro probatorio delineato in prime cure, rilevava che l’atto di incolpazione aveva rinvenuto positivo riscontro e, considerata la entità e gravità degli illeciti commessi, proporzionata era da ritenersi la sanzione espulsiva irrogata.

In prima battuta è fondamentale che il datore di lavoro abbia contezza dei fatti, anche perchè prima che ne prenda consapevolezza non è assolutamente in grado di contestare alcunché. D’altronde, questo è un principio fermo, come ricorda la sentenza:

La definizione del concetto di immediatezza non può prescindere, poi, dal rilievo che il giudizio su di essa postula l’accertamento del tempo in cui il datore di lavoro sia venuto a conoscenza della riprovevole condotta del dipendente, di guisa che, come affermato da questa Corte in numerosi approdi (cfr. Cass. 26/11/2007 n.24584, Cass. 15/10/2007 n. 21546, Cass. 10/1/2008 n.282), il lasso temporale tra i fatti e la loro contestazione deve decorrere dall’avvenuta conoscenza da parte del datore di lavoro della situazione contestata e non dall’astratta percettibilità o conoscibilità dei fatti stessi, non potendosi ragionevolmente imputare al datore medesimo, legittimato all’esercizio del potere disciplinare a seguito dell’accertamento dei fatti addebitati al dipendente, la possibilità di conoscere questi fatti in precedenza e di contestarli immediatamente al lavoratore.

Ma poi, ovviamente, una volta resosi conto dei fatti, il datore deve procedere alla contestazione. La domanda è: entro quanto tempo? Risponde l’avvocato del lavoro a Torino, specializzato in diritto del lavoro, cioè l’avvocato esperto nelle controversie di lavoro, il quale unico è in grado di valutare in concreto la situazione e decidere se intraprendere o meno un ricorso di lavoro: l’avvocato ricorderà al cliente il punto centrale della questione:

il criterio di immediatezza vada inteso in senso relativo, dovendosi tener conto della specifica natura dell’illecito disciplinare, nonchè del tempo occorrente per l’espletamento delle indagini, tanto maggiore quanto più è complessa l’organizzazione aziendale, con l’ulteriore specificazione che la relativa valutazione del giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici” (ex aliis, vedi, di recente, Cass. 25/1/2016 n.1248, Cass. 12/1/2016 n. 281).

E’ assolutamente evidente, quindi, che le dimensioni dell’azienda, e la situazione concreta potranno influenzare questa tempistica. In questi casi i lavoratori a Torino si rivolgeranno all’avvocato del lavoro, o ad uno studio legale del lavoro, esperto nel diritto del lavoro, in modo da avere ben chiari i propri diritti e verificare la fattibilità di un ricorso per impugnare la sanzione, ovvero di un atto per rispondere debitamente alle contestazioni.

Il lavoratore ha l’onere di presentare sempre le proprie difese, specialmente quando la contestazione è così tardiva nel tempo.

Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 10 dicembre 2017

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