Vai al contenuto

Collocazione figli presso il padre: guida alla separazione a Torino

Una delle tematiche più discusse negli ultimi anni in materia di separazione a Torino risulta certamente la posizione del genitore non collocatario, all’interno di una dinamica di affido condiviso. Si precisa, pertanto, il tema partendo da una recente decisione – Trib. Roma Sez. I, Sent., 11-10-2016 – che mette in luce le conseguenze degli atteggiamenti denigratori di un genitore verso quello con cui il figlio già fatica a rapportarsi.

La vicenda, che accade frequentemente ed è spesso sottoposta al vaglio dei giudici nelle aule dei tribunali è legata al comportamento assunto, durante la separazione, da uno dei genitori, il quale non solo non si adopera per la concreta realizzazione della bigenitorialità che ispira l’affido condiviso, ma che pone in essere scelte educative (o diseducative) finalizzate ad allontanare ancora più un determinato genitore dai figli. Nella vicenda considerata, che è solo occasione per fornire delucidazioni sulla separazione a Torino e sui modi di gestione della controversia che vede coinvolto l’atteggiamento ostativo di uno dei genitori, il rapporto del padre con due dei tre figli era molto buono e costruttivo, incentrato sulla sportività come paradigma di vita, mentre la relazione con il terzo figlio più difficoltosa. La madre, a sua volta, collocataria nel momento in cui i figli erano in città, aveva posto in essere comportamenti denigratori del marito, agli occhi del figlio con cui maggiori difficoltà impedivano un rapporto sereno col padre. Il Tribunale prende in considerazione, in sostanza, le ricadute nella vicenda di separazione di questo genere di comportamenti sui figli.

Il Tribunale sottolinea:

Quel che colpisce dell’ audizione del minore è l’atteggiamento di sostanziale ambivalenza del medesimo che da una parte ha parole fortemente denigratorie nei confronti del padre

Questo elemento, però, non è di poca importanza, considerato altresì che contestualmente la madre, come rileva sempre il tribunale di primo grado, poneva in essere comportamenti ostativi ad una corretta costruzione del rapporto di uno dei figli col padre:

3. Deve per contro trovare applicazione nei confronti della ricorrente, attesa la sua condotta volta ad. ostacolare il funzionamento dell’affido condiviso con gli atteggiamenti sminuenti e denigratori della figura paterna, tali da avere indirettamente indotto (…) a disattendere il calendario degli incontri con il padre, il meccanismo sanzionatorio previsto dall’art.709-ter c.p.c., la cui applicabilità d’ufficio è stata già univocamente ritenuta da questo Tribunale (cfr. per tutte la pronuncia resa in data 8.3.2013 nel procedimento n.r.g. 81370/2008), in ragione della funzione punitiva o comunque improntata, sotto forma di dissuasione indiretta, alla cessazione del protrarsi dell’inadempimento degli obblighi familiari che, attesa la loro natura personale, non sono di per sé coercibili né suscettibili di esecuzione diretta.

Ci siamo già occupati del tema, molto discusso, della collocazione figli presso il padre. Tutto ciò in varie occasioni, nelle quali si è messo in luce che il naturale rapporto tra madre e figli, in una vicenda di separazione, per il legame educativo dei primi anni dell’età evolutiva, induce spesso a collocare i figli presso la madre, stimolando una reazione dei padri separati. Il padre si chiede spesso, e pone il quesito allo studio legale, se è possibile una soluzione diversa. Ma proprio la decisione in commento introduce la tematica della sanzione a carico del genitore.

Ricordiamo, anzitutto, cosa dispone la norma in questione:

c.p.c. art. 709-ter. Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni.

Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore.

A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:

1) ammonire il genitore inadempiente;

2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore;

3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro;

4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari.

La normativa incentra la sua funzione sulla difesa dei figli, e ciò è evidente. Nelle separazioni a Torino si discute ampiamente di questo problema: la collocazione dei figli presso il padre, all’interno di un affidamento condiviso. Il punto centrale è la idoneità di entrambi i genitori alle decisioni più importanti riguardanti la vita dei figli, che comporta l’affido condiviso. Nella separazione, esso rappresenta il normale regime ordinario, che può subire deroghe solo in alcuni casi. Ma circa la collocazione prevalente al padre/o alla madre è necessario precisare che si tratta della coabitazione del figlio, anche all’interno di un discorso di affido condiviso circa le decisioni educative.

Sul tema ricordiamo un arresto del Tribunale di Mantova, 7 maggio 2015, che riassume perfettamente le opzioni possibili nell’ambito del discorso dei regimi di affidamento e collocazione dei figli:

L’art. 337-ter, comma II, c.c., nella parte in cui prevede che il tribunale possa adottare “ogni altro provvedimento relativo alla prole”, costituisce clausola di chiusura del sistema, prevista a tutela dell’interesse del minore. Il che consente al giudice di individuare, in considerazione delle particolarità del caso concreto, modalità di affidamento e di collocazione del minore anche diverse da quelle abituali (affido esclusivo/affido condiviso; collocazione residenziale prevalente presso l’uno o l’altro genitore) tali da garantire, in presenza di obiettive e comprovate difficoltà dei genitori di prendersi cura direttamente dei figli, un equo contemperamento tra l’esigenza di conservare in capo ai genitori medesimi, per quanto concretamente possibile, i diritti/doveri connessi all’esercizio della responsabilità genitoriale e l’esigenza di garantire al minore condizioni di cura, mantenimento e accudimento le più estese e tutelanti possibili.

Ricordiamo, altresì, cosa dispone esattamente la norma, a proposito della collocazione dei figli presso il genitore:

c.c. art. 337-ter. Provvedimenti riguardo ai figli.

Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all’articolo 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento familiare. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare.

La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento.

Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

1) le attuali esigenze del figlio.

2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.

3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.

4) le risorse economiche di entrambi i genitori.

5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.

Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.

 La collocazione prevalente del figlio presso il padre, il domicilio prevalente del figlio al padre o alla madre segue regole precise, nell’interesse oggettivo del figlio a mantenere un sano ed equilibrato rapporto con entrambi i genitori, laddove la norma afferma come priorità questa finalità; ferma restando la possibilità di regimi diversi.

Articolo redatto a Torino da Studio Duchemino il 23 febbraio 2017

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Call Now Button